WITTGENSTEIN: L’INEFFABILE

WITTGENSTEIN: L’ INEFFABILE
Es gibt allerdings Unaussprechliches.
Dies zeigt sich, es ist das Mystische 

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Come ho scritto nell’articolo pubblicato ieri, secondo Wittgenstein le proposizioni filosofiche tradizionali sono per lo più unsinnig. Quali conseguenze si possono trarre da questa affermazione? Nel Tractatus Logico-Philosophicus Wittgenstein sostiene che la filosofia si riduce ad essere una critica del linguaggio. Nella tesi 4.0031, infatti, si legge: «Tutta la filosofia è una critica al linguaggio» (Alle Philosophie ist Sprachkritik).
La filosofia assume una funzione chiarificatrice, come appare nella tesi 4.112: «Lo scopo della filosofia è il rischiaramento logico dei pensieri (Der Zweck der Philosophie ist die logische Klärung der Gedanken). La filosofia non è una dottrina, ma un’attività (Die Philosophie ist keine Lehre, sondern eine Tätigkeit). Un’opera filosofica consta essenzialmente di chiarificazioni (Ein philosophisches Werk besteht wesentlich aus Erläuterungen). I risultati della filosofia  sono non proposizioni filosofiche, ma il chiarirsi di proposizioni (Das Resultat der Philosophie sind nicht philosophische Sätze, sondern das Klarwerden von Sätzen). La filosofia deve chiarire e delimitare nettamente i pensieri che altrimenti, per così dire, sarebbero torbidi e indistinti (Die Philosophie soll die Gedanken, die sonst, gleichsam, trübe und verschwommen sind, klar machen und scharf abgrenzen)».
La filosofia è un’attività non immanente alle scienze della natura, ma trascendentale. Essa esercita una funzione terapeutica, cioè deve delimitare l’esprimibile (cfr. tesi 4,114).

Da qui il silenzio. La filosofia è condannata al silenzio. Nella prima parte della tesi 6.53 si legge: «Il metodo corretto della filosofia sarebbe propriamente questo: nulla dirsi se non ciò che può dirsi (Die richtige Methode der Philosophie wäre eigentlich die: Nichts zu sagen)». Così anche la celebre tesi 7 con la quale si chiude il Tractatus Logico-Philosophicus: «Su ciò di cui non si può parlare, si deve tacere (Wovon man nicht sprechen kann, darüber muß man schweigen)». La stessa idea era stata formulata anche nella Prefazione al Tractatus: «Tutto il senso del libro si potrebbe riassumere nella parole: Tutto ciò che può essere detto si può dire chiaramente; e su ciò di cui non si può parlare, si deve tacere».

Ciò di cui non si può parlare appartiene alla sfera dell’etica, della religione,  della metafisica, della mistica. Significative a questo proposito la tesi 6.421: «È chiaro che l’etica non può formularsi… (Es ist klar, daß sich die Ethik nicht aussprechen läßt…)»; e la tesi 6.522: «Ma vi è dell’ineffabile. Esso mostra sè, è il mistico (Es gibt allerdings Unaussprechliches. Dies zeigt sich, es ist das Mystische)». L’inesprimibile  non solo non è condannato da Wittgenstein, ma è talmente importante e fondamentale che costituisce quel non-detto che sta a fondamento dello scritto e del detto del Tractatus.

Nell’introduzione all’opera Russell aveva affermato: «Wittgenstein, nonostante tutto, riesce a dire molte cose intorno a ciò che non può essere detto, suggerendo così al lettore scettico che forse vi possa essere una qualche scappatoia, attraverso una gerarchia di linguaggi o per qualche altra via. Tutta la materia dell’etica, ad esempio, è da Wittgenstein ubicata nella regione mistica, inesprimibile. E tuttavia egli riesce a comunicare le proprie opinioni etiche».

Lorenzo Cortesi

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