LO ZOO DI ARISTOTELE

LO ZOO DI ARISTOTELE
Historia Animalium

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La Storia degli animali (Τῶν περὶ τὰ ζῷα ἱστοριῶνHistoria Animalium) di Aristotele è un’opera suddivisa in nove libri. Si tratta di un vero e proprio trattato, che partendo dalla struttura fisica dell’uomo, arriva a indagare sugli animali.
Rimando, in particolare, alla lettura dei libri VIII e IX, dove si parla espressamente ed esclusivamente della vita, dell’attività e del carattere degli animali: nel libro VIII Aristotele descrive l’indole e le abitudini degli animali, il cibo, le migrazioni, la salute, le malattie, i luoghi e l’influsso del clima; nel libro IX delinea le relazioni che gli animali hanno tra di loro e i mezzi utilizzati per procurarsi il cibo.

È impressionante il numero di animali di ogni specie, citati da Aristotele: mammiferi, rettili, pesci,  uccelli e insetti; sono centinaia e centinaia. È come essere in uno zoo!
A volte la descrizione che Aristotele fa degli animali è approssimata o addirittura bizzarra, altre volte invece – come nella trattazione delle api e dei piccoli lepidotteri, che danneggiano le arnie – è abbastanza precisa. A questo proposito Enrico Alleva e Nadia Francia, dell’Istituto Superiore della sanità (Dipartimento di Biologia cellulare e Neuroscienze) sostengono che probabilmente già ai tempi di Aristotele esistesse un’attività economicamente importante, quale la produzione del miele e della cera, da offrire ai naturalisti un sapere scientifico consolidato, a prova di errore descrittivo.

Aristotele stabilisce una differenza tra il carattere degli animali maschi e degli animali femmine, in un rapporto con l’indole dell’uomo e della donna. Ecco cosa scrive: «Le femmine sono tutte meno irascibili dei maschi, ad eccezione dell’orso e della pantera, perché si ritiene che le femmine di questi animali siano più coraggiose. Negli altri generi, le femmine sono più docili, maligne, meno ingenue, più impetuose e più inclini a preoccuparsi del nutrimento della prole. I maschi, al contrario, sono più irascibili, più selvatici, più ingenui e meno insidiosi. Una traccia di questi caratteri si trova per così dire in tutti gli animali, ma è molto più evidente in quelli che hanno più carattere e soprattutto nell’uomo, cha ha una natura compiuta: pertanto questi abiti vi appaiono con maggiore chiarezza. La donna è dunque molto più compassionevole e incline al pianto rispetto all’uomo, ma anche più gelosa e incontentabile, più incline all’ingiuria e più manesca; la femmina ha anche umore peggiore del maschio, è meno speranzosa, più impudente e menzognera, più incline all’inganno e di memoria migliore, più insonne e più esitante, e in generale la femmina è meno incline al movimento rispetto al maschio, e mangia di meno. Il maschio, invece, come si è detto, è più pronto a venire in soccorso e più coraggioso, e anche nel caso dei molluschi, quando la femmina di seppia è colpita dal tridente, il maschio viene in soccorso, mentre la femmina fugge se viene colpito il maschio».

In sintesi, per quanto riguarda il carattere, gli animali «differiscono per viltà, mitezza, coraggio, mansuetudine, intelligenza e ignoranza». Aristotele ritiene che le pecore abbiano un carattere «ingenuo e stupido» e che siano «le peggiori tra tutti i quadrupedi».
Secondo Aristotele «tra tutti gli animali, il più eccezionale è il delfino», mentre «tra tutti gli animali selvatici, il più mite e docile è l’elefante, che impara e comprende molte cose».

Come testo di riferimento suggerisco: Aristotele, Vita Attività e Carattere degli Animali, Historia Animalium – libri VIII-IX, a cura di Andrea Carbone, con una prefazione di Enrico Alleva e Nadia Francia, Ed. Duepunti, Palermo, 2008 (pp. 194).

Lorenzo Cortesi

 

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