CARTESIO: MATEMATISMO UNIVERSALE

CARTESIO: MATEMATISMO UNIVERSALE
la riduzione della realtà in formule quantitative

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Nell’immagine dell’albero delle scienze – secondo Cartesio – le radici corrispondono alla metafisica, il tronco alla fisica e i rami alle varie discipline. Qual è il ruolo che Cartesio ha assegnato alla matematica? Non è certamente una disciplina qualunque, che potrebbe corrispondere ad uno dei tanti rami dell’albero del sapere. La matematica è piuttosto la linfa vitale che attraversa tutto l’albero: parte dalle radici sale attraverso il tronco e giunge a toccare i rami, ovvero la medicina, la meccanica e la morale.

Cartesio ha assegnato alla matematica un ruolo centrale. È vero che già Leonardo da Vinci aveva affermato: «Non mi legga colui che non è matematico»; un’espressione che secondo la tradizione rimanda a Platone, il quale considerava la conoscenza della matematica, la via di accesso alla sua Accademia. Anche Galileo nell’opera Il saggiatore (1623) scriveva: «La filosofia naturale – secondo Galileo – è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi agli occhi, io dico l’universo, ma non si può intendere se prima non s’impara a intender la lingua e conoscer i caratteri nei quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi ed altre figure geometriche, senza i quali mezzi è impossibile a intenderne umanamente parola; senza questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro labirinto»1.

Ci sono stati, dunque, dei precedenti. Ma quello che è avvenuto con Cartesio può essere definito una vera e propria rivoluzione. Egli fu il primo  ad elaborare un metodo, dove la matematica avrebbe svolto un ruolo centrale e fondamentale. Fin da giovane studente del collegio di La Flèche, Cartesio si meravigliava che alla matematica fosse riservata solo una funzione strumentale. Ecco come ricordava quegli anni: «Mi dilettavo soprattutto nelle matematiche per la certezza e l’evidenza delle loro ragioni ma non vedevo ancora il loro vero uso, e, pensando che non servissero che alle arti meccaniche, mi stupivo che, essendo loro fondamenti così saldi e così solidi, non si fosse edificato nulla di più alto su di esse».

Per Cartesio la matematica doveva diventare il modello del sapere. La logica matematica avrebbe sostituito la logica antica. Si trattava – come ha scritto Gustavo Bontadini – di «elevare, cioè, le forme logiche proprie della matematica a forme del pensiero in generale, fino ad avere non solo una fisica, ma anche una metafisica ed una medicina matematicamente costruite».
C’è un passaggio nella seconda parte del Discorso sul metodo, dove si percepisce tutto l’entusiasmo di Cartesio per la nuova matematica, modello del sapere: «Quelle lunghe catene di ragionamenti, tutti semplici e facili, di cui sogliono servirsi i geometri per arrivare alle più difficili dimostrazioni, mi avevano indotto a immaginare che tutte le cose che possono rientrare nella conoscenza umana si seguono l’un l’altra allo stesso modo, e che non ce ne possono essere di così remote a cui alla fine non si arrivi, né di così nascoste da non poter essere scoperte; a patto semplicemente di astenersi dall’accettarne per vera qualcuna che non lo sia, e di mantenere sempre l’ordine richiesto per dedurre le une dalle altre. Né mi fu molto difficile la ricerca di quelle da cui bisognava cominciare: sapevo già infatti che dovevano essere le più semplici e facili a conoscersi; e considerando che di tutti coloro che hanno finora cercato le verità nelle scienze solo i matematici han potuto trovare qualche dimostrazione, e cioè delle ragioni certe ed evidenti, non dubitavo che avrei dovuto incominciare dalle stesse cose prese in esame da loro; anche se non speravo di ricavarne nessun’altra utilità se non quella di abituare la mia mente a nutrirsi di verità e a non contentarsi di false ragioni».

Siamo di fronte al matematismo universale: una fiducia incondizionata nella matematica, perché solo da essa – pensava Cartesio – possono scaturire oggettività, certezza, persuasione. E proprio perché la matematica funziona, essa era destinata, di lì a poco, a diventare il linguaggio della scienza.
Ma è possibile ridurre tutto in una dimensione quantitativa? Possiamo dire che un fenomeno è completamente spiegato quando è matematizzato, cioè misurato e tradotto in una formula? Non è forse riduttiva una trascrizione della realtà solo in questi termini?
Qui ci troviamo di fronte a quello che – come sosteneva Bontadini – si potrebbe chiamare l’errore cartesiano per eccellenza, la grande illusione del secolo.

Lorenzo Cortesi

1 Rimando al breve articolo che ho pubblicato il 17 marzo 2018.

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