GUIDA ALL’ALFABETO EBRAICO – BIBLICO (XVI)

GUIDA ALL’ALFABETO EBRAICO – BIBLICO (XVI)
ʿayin

Siamo arrivati alla lettera ʿayin (ע) la sedicesima dell’alfabeto ebraico, il cui valore numerico è 70.
Per ʿayin vale quanto si diceva della prima lettera ʾālef , ovvero che è muta, non si pronuncia. E mentre ʿayin viene traslitterata con lo spirito lene (cioè dolce), ʿayin viene traslitterata con lo spirito aspro. Ovviamente se è accompagnata da un segno vocalico, la consonante ע si pronuncia in base alla vocale che la contrassegna.

È importante sottolineare che עַיִן (ʿayin) significa occhio. In questo senso si dice – in maniera scherzosa – che עַיִן (ʿayin) non parla, è muta come א  (ʾālef ), però ci vede.
Inoltre עַיִן (ʿayin) rappresenta l’umiltà (עֲנָוָה anavah) che inizia proprio con ע come il servizio (עֲבִידָה  avodah) e il giogo עֹל (ol).
Il termine עֲנָוָה (anavah umiltà) ha la stessa radice dell’aggettivo עָנָו (anav umile, paziente, mansueto, oppresso, indifeso) e del sostantivo עָנִי (anay povero, derelitto). Il plurale di עָנָו (anav), molto più menzionato a livello biblico, è עֲנָוִים (anawim).

Talvolta anawim è tradotto con il sostantivo poveri. Il corrispettivo greco del termine ebraico, che troviamo nel Nuovo Testamento, è  πτωχός che rimanda immediatamente al nostro pitocco (il cui significato è quello di accattone e pertanto non è assolutamente adatto a spiegare la portata del termine ebraico עָנִי e del termine greco πτωχός).

Ecco due passi del Nuovo Testamento dove compare, al plurale, la parola povero:
1. Μακάριοι οἱ πτωχοὶ τῷ πνεύματι (Mt 5,3): qui nella prima beatitudine del cosiddetto discorso della montagna di Gesù πτωχοὶ esprime l’idea di una povertà più interiore, ha a che fare con l’umiltà del cuore. Infatti il termine πτωχοὶ è accompagnato da una specificazione: τῷ πνεύματι (cioè poveri nello spirito).
2. Πνεῦμα κυρίου ἐπ’ ἐμέ, οὗ εἵνεκεν ἔχρισέν με εὐαγγελίσασθαι πτωχοῖς (Lc 4,18): siamo all’inizio del ministero pubblico di Gesù, nella sinagoga di Nazareth, e il termine πτωχοῖς (coniugato al dativo) è impiegato in un senso meno specifico, ma più onnicomprensivo.

Ritorniamo all’ebraico, prima di concludere questa lezione, per ricordare una bella espressione di Rabbi Rashi (1040-1105), uno dei più celebri commentatori medioevali della Bibbia: «Il cuore e gli occhi sono le spie del corpo: essi guidano una persona a trasgredire; gli occhi vedono, il cuore brama e il corpo trasgredisce».
Rabbi Rashi voleva dire che quando l’occhio (עַיִן ʿayin) è malvagio (רָע raʿ) diventa schiavo del peccato.

Lorenzo Cortesi

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