QUANDO LA CROCE DIVENTA UN UTENSILE

QUANDO LA CROCE DIVENTA UN UTENSILE

lo scempio del crocifisso attaccato dappertutto

 

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Il crocifisso di Santa Croce a Firenze Cimabue (1240-1302)

In un mondo senza compassione, la mitezza di Gesù di Nazareth non può essere presentata in modi schiaccianti e trionfanti. La regalità di Gesù è disarmante, umile, debole. Perché allora brandire la croce per fare le crociate? «Gesù non schiaccia nessuno – diceva il cardinal Martini – anzi, è il Dio che si è fatto schiacciare per amore degli uomini».

Ho apprezzato il consiglio che anni fa Giovanni Paolo II ha dato alle suore carmelitane di Auschwitz, ovvero di togliere la grande croce che avevano installato nella prossimità nel Lager e di trasferirla altrove, per non disturbare la sensibilità degli ebrei.
Il Dio crocefisso è il Dio dello scarto, il Dio dei deboli. Perciò la croce non può finire nelle file dell’idolatria della moda o dei consumi e tanto meno può funzionare come utensile per il potere.

La croce  non è un amuleto da tenere stretto perché  calma l’ansia o da lasciare lì appeso perché se lo tolgo chissà cosa mi capiterà e neppure quel ghiribizzo scaramantico dei calciatori all’ingresso in campo, che non ho mai sopportato (come si fa a chiamare segno di croce?).
Penso a quelle signore se ne vanno in giro portando catenine con crocifissi carichi di perle adagiati su vistose scollature! Penso a quelle ragazzine che riducono il crocifisso ad una sorta di piercing o di tatuaggio da fissare sul proprio corpo! Lo scempio che la nostra società ha fatto del crocifisso è veramente oltraggioso, ma nessuno si è mai scandalizzato più di tanto! Ci si scandalizza se si stacca la croce da una parete, ma non ci si scandalizza se la croce la si attacca dappertutto.

Lorenzo Cortesi

 

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